LELLO TORCHIA
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Giuseppe Rago

Forma e materia, stasi e movimento nella ricerca di Lello Torchia


Appartato dal frastuono del ruti­lante cromatismo della speri­mentazione pittorica degli ulti­mi decenni, Lello Torchia, giovane arti­sta partenopeo, cresciuto all'ombra dei grandi maestri e - tuttavia - dotato già di una profonda, consapevole autono­mia creativa, ha intrapreso con corag­gio la strada del ritorno alle radici della classicità; servendosi dei soli mezzi del disegno e del chiaroscuro, egli rag­giunge esiti di alta sintesi evocativa attraverso un tratto sicuro, veloce e potente.
Immagini sbozzate nella loro labile consistenza appaiono alla ricerca di un punto di contatto con il mondo del visi­bile, con l'universo del fenomenico, pronte quasi a svaporare nella tela che è supporto, ma pure principio univer­sale e primigenio del nulla. Ma si tratta di apparizioni che pure non si direbbero evanescenti, quasi una traccia dei corpi reali - con tutto il loro peso di vita e corporeità vissuta - dalla consistenza "sindonica", come una memoria della materia visibile sul sup­porto.
Lello Torchia recupera una pittura geneticamente antica, reinterpreta il valore profondo della più autentica classicità attraverso l'ancestrale senso "funzionale" del segno, attraverso pochi tratti di chiaroscuro formante, attraverso il dialogo serrato ed incrolla­bile tra la materia e la forma; la loro dialettica eterna di derivazioni e con­trapposizioni.
È, quello di Torchia, un disegno di pochi tratti, una pittura operata attra­verso le sottrazioni più che attraverso le aggiunte, quasi in silenzio e sotto voce; capace, tuttavia, di uno spirito evocativo assoluto, quasi un dono innato, esperito senza alcuno sforzo. Una eleganza sapiente che ha fatto con­vergere sulla sua ricerca creativa il plauso di parte importante della critica di settore; appena ventottenne, diplo­mato all' Accademia di Belle Arti di Napoli dove ha avuto la possibilità di formarsi sotto la guida di Enrico Bugli, Giorgio Di Genova, Ada Chiara Zevi, l'artista ha già partecipato con una sua scultura alla collettiva "Il bosco sacro dell'arte" tenutasi al Museo di Capodimonte accanto ad opere di Tatafiore, Longobardi, Dalisi, Barisani e altri tra i più importanti artisti del panorama contemporaneo; il Tempio di Pomona, straordinario spazio sacro inalveolato nell'arcivescovado di Salerno e recuperato a prestigiosa cor­nice di esposizioni d'arte grazie alla lungimiranza della stessa curia e alla passione dell'associazione culturale Collage, ha ospitato in marzo una sua fortunata personale, mentre nel mese di maggio ha accolto una sua installa­zione accanto ai nomi di grandi artisti come Ceccobelli, Nunzio, Dalisi e Longobardi, presenti con opere sul tema della maternità celeste (Diva Mater). Ulteriore evoluzione, questa, di un percorso creativo che in un brevissimo spazio di tempo ha saputo confrontarsi con le forme composte e complesse della figu­ratività contemporanea. Ma una pittu­ra che voglia ambire a definirsi classica sa anche, e soprattutto, confrontarsi con i nodi cruciali della rappresenta­zione figurativa, del rapporto tra idea e materia, tra forma della creazione e realtà creata; così le tele e i lavori di Torchia amano rappresentare spesso immagini di scultura non finita tradot­ta in pittura di blocchi di densa materia da cui sboccia - quasi per incanto - la sbozzatura dei corpi umani attraverso i colpi della pennellata "formante".
Così ritornano i temi fondanti della ricerca pittorica: sagome apparente­mente in quiete nascondono una ten­sione interiore straripante, la materia pittorica anima, senza ricorrere alle scappatoie del colore, i profili scuoten­doli dall'inerzia, la sovrapposizione di immagini statiche genera, inatteso, il movimento.
È nel rapporto tra la stasi e il movi­mento, nei percorsi attraverso i quali dall'una è possibile che venga generato l'altro, in questo punto nodale ed eter­no dello sviluppo diacronico della figu­ratività occidentale che Lello Torchia situa consapevolmente la sua ricerca creativa. I lacci della materia imprigio­nano le immagini nella loro consisten­za di forme, mentre il senso del moto, più che il moto stesso, appare spesso suggerito più che realizzato da simboli di insospettata leggerezza come le eli­che roteanti. 
Cancellazioni, dilavamenti di zone di colore sulla tela, alternanza di fondi opachi e lucidi, creano forme pronte a svaporare, immagini di uomini che sembrano sussurrare appena la realtà della loro essenza più intima. Lello Torchia ha scelto di non iscriversi all'e­lenco dei più, di coloro che credono al gesto come espressione esasperata, alla creatività come urlo e furore pittorico. Ma la riduzione ai minimi termini della forma non implica la rinuncia alla ica­sticità, che anzi scarnificata si impone con maggior forza.
Occhi muti e dolorosi, ma mai spenti, ossessivamente parlanti nella loro con­sistenza di ombre (quanto simili, ver­rebbe da pensare, a quegli occhi della Eva masaccesca, potentemente sintetiz­zati da due ombre declinanti!); anche attraverso questi percorsi questo giova­nissimo e promettente artista decide di ritornare alle origini dell'arte, di recu­perare il dono dei primitivi della sintesi mimetica che va oltre l'imitazione per scoprire l'essenzialità della forma. Sono opere di una evocatività sintetica e forte, ma lirica, altamente poetica; pit­tura di garbo, capace di dare vita a forme dichiarate a voce bassa, tracce labili in cerca di uno spazio discreto, minimo, essenziale, per emergere alla realtà rappresentabile e tuttavia consa­pevoli della loro presenza, cariche di una tangibile, profonda significatività.

legal                                                    © LELLO TORCHIA 2024

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