Krista Brugnara
Questa montagna è tale, che sempre al cominciar di sotto è grave; e quant’om più va sù, e men fa male.”
- Dante Alighieri, Purgatorio (Canto IV, 88-90)
L'unica cosa di cui siamo certi è il fatto che moriamo, i nostri cuori smettono di battere, i nostri polmoni smettono di respirare. Alla fine, ognuno di noi deve lasciare questa terra. Nel corso della storia diverse culture hanno sostenuto la convinzione che il nostro essere intangibile continui in un altro regno di natura spirituale, lasciandosi alle spalle carne e ossa. Coloro che credono nella vita dopo la morte, spesso credono che per superare lo stato fisico sulla terra debba esserci prima un percorso, che guidi lo spirito e lo prepari per ciò che verrà. L’installazione Bilico di Lello Torchia (nato nel 1971) nella cripta della chiesa S. Maria del Purgatorio ad Arco, rappresenta questo passaggio con una linea forgiata in ferro.
Percorrendo, precariamente, quel confine i piedi in gesso che si districano nella fitta trama della vita, rappresentano ciascun spirito come fragile, nel tentativo, apparentemente impossibile, di raggiungere la destinazione finale del Paradiso.
A prescindere, o meno, dal credere che lo spirito continui a vivere oltre la morte corporea, tale rappresentazione si può legare, in ogni caso, al concetto della lotta intensa che ogni anima compie per purificarsi, per scegliere il giusto oltre l’errore, il bene oltre il male.
Cit “Il corpo umano è soprattutto uno specchio dell’anima e la sua grande bellezza viene proprio da questo.” – Auguste Rodin
I piedi realizzati da Torchia, che camminano sul confine ricordano gli studi di piedi di Auguste Rodin (1840-1917). Rodin creò versioni multiple di piedi in gesso, alcuni montati su fili, al fine di poterli regolare per creare composizioni variabili nell’angolazione e nella posizione.
La scultura di Torchia, similmente, gioca con le angolazioni e le posizioni dei piedi, realizzati a grandezza naturale ma disarticolati tra loro. Separato dal corpo, il piede sembra rappresentare l’ipotetico viaggio della persona intera; il corpo e l’anima seguono, inevitabilmente, la direzione dei piedi. L’opera di Torchia fa riferimento alle “anime pezzentelle” che ancora oggi abitano la chiesa nella loro forma corporea di teschi.
I visitatori della chiesa tradizionalmente pregavano che queste anime sconosciute riuscissero nel loro viaggio dal Purgatorio al Paradiso. Nella fede cattolica è consuetudine pregare per le anime dei propri cari, ma pregare per delle anime sconosciute aumenta la devozione dell'atto.
Fin da quando Dante Alighieri ha composto la Divina Commedia nel XIV secolo, gli artisti hanno sempre tratto ispirazione dal Purgatorio, cosi come lui lo ha immaginato e descritto, rappresentando le anime sofferenti nei manoscritti medioevali, in sculture policrome e negli affreschi.
Quando un artista cresce in Italia diventa pervaso dalla dottrina cattolica e dalla sua arte, l’installazione realizzata da Torchia, per questo unico e complesso luogo, invece, trascende la religione e parla della condizione umana al di là delle culture. Le cosi dette “povere anime” stanno aspettano di andare via, in un luogo migliore; questo è un sentimento comune alla condizione umana, sempre in attesa di ciò che sta per avvenire sulla terra e altrove. L'installazione incarna la vita sul baratro, una condizione provata da tutti gli esseri umani che cercano di trovare un equilibrio nella vita e di sfuggire alla morte. Lo spettatore è intimamente coinvolto dall’installazione nella quale i piedi cercano di trovare equilibrio sul confine tra Paradiso e Inferno, tra Bene e Male. Vi è un'aria di “suspense” nel lavoro: tentativo, attesa, eterna speranza di trovare il Vero e di ascendere ad una migliore visione di noi stessi.
"Nel cuore di ogni uomo c‘è il disperato desiderio di una battaglia da combattere, un’avventura da vivere e una bellezza da salvare.”
- Roberto Saviano, ZeroZeroZero
Torchia paragona questa lotta dell’anima umana alla lotta della sua città natale, Napoli, che vede storicamente in equilibrio tra terrore e gloria. Napoli è stata a lungo la città mediterranea più cosmopolita, crocevia delle maggiori influenze culturali. La grandezza del suo passato sembra perseguire il suo presente, che è avvolto in una nube di crimine e corruzione, l’oscurità è di gran lunga superiore ai periodici sbuffi di fumo del Vesuvio. La speranza dei suoi cittadini è pericolosamente in bilico, come il resto del paese che abbandona la città più bella d'Europa alle devastazioni dei rifiuti tossici e della violenza.
Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, consacrata in età barocca, rappresenta essa stessa un insieme di elementi artistici diversi, come spesso accade a Napoli. L'abside della chiesa è riccamente decorata, con marmi colorati e stucchi adornati con peculiari teschi alati di Dionisio Lazzari. La pala d'altare è decorata con la Madonna delle Anime Purganti del napoletano Massimo Stanzione, eseguita tra il 1638 e il 1642. La cappella laterale è abbellita con un’imponente pittura del maestro Luca Giordano, Morte di Sant'Alessio, del 1661.
"Io ritornai da la santissima onda rifatto sì come piante novelle rinovellate di novella fronda, puro e disposto a salire a le stelle." - Dante Alighieri, Purgatorio (Canto XXXIII, 142-145)
Nella Chiesa inferiore il Rosario di Torchia introduce alla pratica della meditazione e della contemplazione, usate per la purificazione dello spirito al fine di abbandonare il Purgatorio. Ancora, l'artista richiama il simbolismo, appartenente a diverse culture, legato alla tradizione delle perle del Rosario usate per sottolineare l’alternanza di preghiere, canti e suppliche. In questo caso, come segno visibile dei piedi, Torchia usa le sue orme, segnate con la polvere di carbone. Il disegno è creato con l’andamento circolare delle impronte che a ripetizione, correndo, eseguono una danza confusa, alla ricerca di qualcosa di indefinito, senza un inizio e senza una fine. L’artista paragona questa composizione frenetica alle preghiere del Rosario ossessivamente ripetute, cantate per elevare la preghiera al livello di meditazione.
Il concetto di Rosario è lo stesso di Bilico ma è espresso con un diverso senso di priorità, con i piedi per terra è più facile perdersi piuttosto che essere in pericolo e di cadere a metà viaggio. L’uso di formule di preghiera ripetitiva, come il canto e la meditazione può aiutare l’essere umano a trascendere il corpo e mettere a fuoco l’esistenza spirituale. L’impronta dei piedi evoca il cammino dell’anima e invita lo spettatore a contemplare il proprio percorso spirituale.
Torchia mostra la sua forza artistica spostandosi fluentemente tra i diversi media per rappresentare, con istinto minimalista, un argomento ostico. Come scultore Torchia va al di là della plasticità per evocare un coinvolgimento intellettuale, senza essere mai letterale. Il suo lavoro rivela le caratteristiche del suo processo creativo.
Che sia una testa senza volto o dei piedi disarticolati, Torchia sembra sempre sfidare la visione, sia per riconoscere ciò che è familiare, sia per immaginare ciò che è ignoto. Il disegno in polvere di carbone, fatto con il suo corpo in movimento, ricorda allo spettatore che l'artista sta partecipando al viaggio che rappresenta. L'installazione avvolge completamente lo spettatore, invitando ognuno a esplorare il concetto di passaggio spirituale, trasformando lo spazio devozionale che lo ospita e che ha accolto la contemplazione per secoli.
- Dante Alighieri, Purgatorio (Canto IV, 88-90)
L'unica cosa di cui siamo certi è il fatto che moriamo, i nostri cuori smettono di battere, i nostri polmoni smettono di respirare. Alla fine, ognuno di noi deve lasciare questa terra. Nel corso della storia diverse culture hanno sostenuto la convinzione che il nostro essere intangibile continui in un altro regno di natura spirituale, lasciandosi alle spalle carne e ossa. Coloro che credono nella vita dopo la morte, spesso credono che per superare lo stato fisico sulla terra debba esserci prima un percorso, che guidi lo spirito e lo prepari per ciò che verrà. L’installazione Bilico di Lello Torchia (nato nel 1971) nella cripta della chiesa S. Maria del Purgatorio ad Arco, rappresenta questo passaggio con una linea forgiata in ferro.
Percorrendo, precariamente, quel confine i piedi in gesso che si districano nella fitta trama della vita, rappresentano ciascun spirito come fragile, nel tentativo, apparentemente impossibile, di raggiungere la destinazione finale del Paradiso.
A prescindere, o meno, dal credere che lo spirito continui a vivere oltre la morte corporea, tale rappresentazione si può legare, in ogni caso, al concetto della lotta intensa che ogni anima compie per purificarsi, per scegliere il giusto oltre l’errore, il bene oltre il male.
Cit “Il corpo umano è soprattutto uno specchio dell’anima e la sua grande bellezza viene proprio da questo.” – Auguste Rodin
I piedi realizzati da Torchia, che camminano sul confine ricordano gli studi di piedi di Auguste Rodin (1840-1917). Rodin creò versioni multiple di piedi in gesso, alcuni montati su fili, al fine di poterli regolare per creare composizioni variabili nell’angolazione e nella posizione.
La scultura di Torchia, similmente, gioca con le angolazioni e le posizioni dei piedi, realizzati a grandezza naturale ma disarticolati tra loro. Separato dal corpo, il piede sembra rappresentare l’ipotetico viaggio della persona intera; il corpo e l’anima seguono, inevitabilmente, la direzione dei piedi. L’opera di Torchia fa riferimento alle “anime pezzentelle” che ancora oggi abitano la chiesa nella loro forma corporea di teschi.
I visitatori della chiesa tradizionalmente pregavano che queste anime sconosciute riuscissero nel loro viaggio dal Purgatorio al Paradiso. Nella fede cattolica è consuetudine pregare per le anime dei propri cari, ma pregare per delle anime sconosciute aumenta la devozione dell'atto.
Fin da quando Dante Alighieri ha composto la Divina Commedia nel XIV secolo, gli artisti hanno sempre tratto ispirazione dal Purgatorio, cosi come lui lo ha immaginato e descritto, rappresentando le anime sofferenti nei manoscritti medioevali, in sculture policrome e negli affreschi.
Quando un artista cresce in Italia diventa pervaso dalla dottrina cattolica e dalla sua arte, l’installazione realizzata da Torchia, per questo unico e complesso luogo, invece, trascende la religione e parla della condizione umana al di là delle culture. Le cosi dette “povere anime” stanno aspettano di andare via, in un luogo migliore; questo è un sentimento comune alla condizione umana, sempre in attesa di ciò che sta per avvenire sulla terra e altrove. L'installazione incarna la vita sul baratro, una condizione provata da tutti gli esseri umani che cercano di trovare un equilibrio nella vita e di sfuggire alla morte. Lo spettatore è intimamente coinvolto dall’installazione nella quale i piedi cercano di trovare equilibrio sul confine tra Paradiso e Inferno, tra Bene e Male. Vi è un'aria di “suspense” nel lavoro: tentativo, attesa, eterna speranza di trovare il Vero e di ascendere ad una migliore visione di noi stessi.
"Nel cuore di ogni uomo c‘è il disperato desiderio di una battaglia da combattere, un’avventura da vivere e una bellezza da salvare.”
- Roberto Saviano, ZeroZeroZero
Torchia paragona questa lotta dell’anima umana alla lotta della sua città natale, Napoli, che vede storicamente in equilibrio tra terrore e gloria. Napoli è stata a lungo la città mediterranea più cosmopolita, crocevia delle maggiori influenze culturali. La grandezza del suo passato sembra perseguire il suo presente, che è avvolto in una nube di crimine e corruzione, l’oscurità è di gran lunga superiore ai periodici sbuffi di fumo del Vesuvio. La speranza dei suoi cittadini è pericolosamente in bilico, come il resto del paese che abbandona la città più bella d'Europa alle devastazioni dei rifiuti tossici e della violenza.
Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, consacrata in età barocca, rappresenta essa stessa un insieme di elementi artistici diversi, come spesso accade a Napoli. L'abside della chiesa è riccamente decorata, con marmi colorati e stucchi adornati con peculiari teschi alati di Dionisio Lazzari. La pala d'altare è decorata con la Madonna delle Anime Purganti del napoletano Massimo Stanzione, eseguita tra il 1638 e il 1642. La cappella laterale è abbellita con un’imponente pittura del maestro Luca Giordano, Morte di Sant'Alessio, del 1661.
"Io ritornai da la santissima onda rifatto sì come piante novelle rinovellate di novella fronda, puro e disposto a salire a le stelle." - Dante Alighieri, Purgatorio (Canto XXXIII, 142-145)
Nella Chiesa inferiore il Rosario di Torchia introduce alla pratica della meditazione e della contemplazione, usate per la purificazione dello spirito al fine di abbandonare il Purgatorio. Ancora, l'artista richiama il simbolismo, appartenente a diverse culture, legato alla tradizione delle perle del Rosario usate per sottolineare l’alternanza di preghiere, canti e suppliche. In questo caso, come segno visibile dei piedi, Torchia usa le sue orme, segnate con la polvere di carbone. Il disegno è creato con l’andamento circolare delle impronte che a ripetizione, correndo, eseguono una danza confusa, alla ricerca di qualcosa di indefinito, senza un inizio e senza una fine. L’artista paragona questa composizione frenetica alle preghiere del Rosario ossessivamente ripetute, cantate per elevare la preghiera al livello di meditazione.
Il concetto di Rosario è lo stesso di Bilico ma è espresso con un diverso senso di priorità, con i piedi per terra è più facile perdersi piuttosto che essere in pericolo e di cadere a metà viaggio. L’uso di formule di preghiera ripetitiva, come il canto e la meditazione può aiutare l’essere umano a trascendere il corpo e mettere a fuoco l’esistenza spirituale. L’impronta dei piedi evoca il cammino dell’anima e invita lo spettatore a contemplare il proprio percorso spirituale.
Torchia mostra la sua forza artistica spostandosi fluentemente tra i diversi media per rappresentare, con istinto minimalista, un argomento ostico. Come scultore Torchia va al di là della plasticità per evocare un coinvolgimento intellettuale, senza essere mai letterale. Il suo lavoro rivela le caratteristiche del suo processo creativo.
Che sia una testa senza volto o dei piedi disarticolati, Torchia sembra sempre sfidare la visione, sia per riconoscere ciò che è familiare, sia per immaginare ciò che è ignoto. Il disegno in polvere di carbone, fatto con il suo corpo in movimento, ricorda allo spettatore che l'artista sta partecipando al viaggio che rappresenta. L'installazione avvolge completamente lo spettatore, invitando ognuno a esplorare il concetto di passaggio spirituale, trasformando lo spazio devozionale che lo ospita e che ha accolto la contemplazione per secoli.