Jean Marie Duhamel
Portrait d'Unica avec l'œil-sexe è una straordinaria acquaforte di Hans Bellmer del 1964, Senza titolo è un suggestivo bronzo di Lello Torchia del 2014. Fluiscono varie stagioni dell’arte contemporanea tra le due opere (e le due date), ma c’è un comune denominatore che le unisce: l’attrazione per l’anatomia umana. Il corpo è l’elemento esclusivo nelle opere dei due artisti anche se è indagato con approcci inequivocabilmente distanti.
Il grande e controverso maestro di Katowice, morto nel 1975, racconta un corpo quasi unicamente femminile; la visione è allucinata, eversiva, demoniaca e apocalittica. Le sue “Dolls” disarticolate e misteriose, nonché vulnerabili e oscene, si spingono ben oltre i confini tracciati dalle ossessioni di Bosch e Arcimboldo tanto da rimanere, ancora oggi, un unicum nel panorama dell’arte. La statuaria classica, giunta fino a noi rimodellata dal tempo e in molti casi mutilata, è invece all’origine del corpo descritto dal giovane artista napoletano. Nei disegni e nelle sculture le membra sono sfigurate, bucate e graffiate; le cancellature e le lacerazioni conferiscono ai lavori carattere di spoglie: essi oscillano tra presenza e assenza, affermazione e sconfitta, vita e morte.
L’incontro tra gli artisti, per ovvi motivi anagrafici solo apparente, e l’approfondimento non possono certamente essere considerati esaustivi (soprattutto rispetto alla sterminata vastità dell’opera di Bellmer), ma offrono alcuni importanti spunti di riflessione sull’interesse nei confronti del corpo: un tema vivo e frequentemente struggente oggi come all’inizio del ‘900.
Il grande e controverso maestro di Katowice, morto nel 1975, racconta un corpo quasi unicamente femminile; la visione è allucinata, eversiva, demoniaca e apocalittica. Le sue “Dolls” disarticolate e misteriose, nonché vulnerabili e oscene, si spingono ben oltre i confini tracciati dalle ossessioni di Bosch e Arcimboldo tanto da rimanere, ancora oggi, un unicum nel panorama dell’arte. La statuaria classica, giunta fino a noi rimodellata dal tempo e in molti casi mutilata, è invece all’origine del corpo descritto dal giovane artista napoletano. Nei disegni e nelle sculture le membra sono sfigurate, bucate e graffiate; le cancellature e le lacerazioni conferiscono ai lavori carattere di spoglie: essi oscillano tra presenza e assenza, affermazione e sconfitta, vita e morte.
L’incontro tra gli artisti, per ovvi motivi anagrafici solo apparente, e l’approfondimento non possono certamente essere considerati esaustivi (soprattutto rispetto alla sterminata vastità dell’opera di Bellmer), ma offrono alcuni importanti spunti di riflessione sull’interesse nei confronti del corpo: un tema vivo e frequentemente struggente oggi come all’inizio del ‘900.